Durante la conferenza stampa del premier Giuseppe Conte che ha illustrato il DPCM destinato a regolamentare il periodo delle feste natalizie in tempo di pandemia da Covid, ci ha colpito molto un’affermazione a proposito del cosiddetto cashback di Natale, ovvero la possibilità, per chi acquisterà con carte di credito o bancomat, di riavere il 10% di quanto speso, purché tali acquisti non vengano effettuati online.
Lo spirito della norma, ha precisato il Presidente del Consiglio, sarebbe quello di favorire i negozi di quartiere a scapito delle grandi multinazionali online che da questa situazione avrebbero incrementato in maniera esagerata i guadagni.
Ma siamo davvero sicuri che sia sempre e soltanto questa la chiave di lettura?
5 Motivi per cui i regali online possono salvare l’economia (ed escluderli dal cashback di Natale è una stupidaggine)
- Clamoroso: a vendere online non sono soltanto le multinazionali “brutte, sporche e cattive”!
Sembra un’ovvietà, ma moltissime di quelle attività micro e piccole che tanto si vorrebbero tutelare hanno invece come core-business proprio la vendita online; come conseguenza escludere tali attività dal cashback non è propriamente una scelta saggia… - Rovescio della medaglia: anche le attività di quartiere possono decidere di vendere online.
Nessuno vieta infatti ai negozi di prossimità di aprire un sito, magari contattando gli amici di G:Cube, e provare anche attraverso la piattaforma Shopify ad aggredire il mercato online. A questo punto è ancora giusto escludere anche loro dall’operazione cashback di Natale? - Esistono vari tipi di shopping online: è giusto discriminare tutto e tutti?
Chi utilizza piattaforme di Click and Collect per prenotare ad esempio il ritiro dei propri panettoni, permettendo anche il pagamento direttamente online, è giusto che venga penalizzato come se fosse Amazon? - Espandere il proprio mercato anche online aumenta le vendite e incrementa i profitti: vogliamo davvero ostacolare la crescita o la ripresa dei commercianti e degli artigiani locali?
Questo punto è auto-commentante, così come la riposta facilmente immaginabile. - Davvero vogliamo far credere, nel 2020, che la bottega sotto casa non possa avere l’ambizione a guardare più in là del suo quartiere?
Anche stavolta ci permettiamo una risposta rapida e sintetica: no.
Come è facile intuire dunque, non sempre il punto di vista più semplice in realtà è quello giusto, ma la colpa non è certamente solo della politica, perché è la percezione generale dello shopping online ad essere, quanto meno in Italia, ancora sbagliata e legata a stereotipi non più attualissimi.
Basterebbe comprendere il potenziale delle piattaforme online aperte a tutti per capire che la dicotomia manichea tra Amazon, Alibaba, Ebay e il ristorante che fa prenotare i pasti tramite app non è più così netta.
E quando si capirà che lo shopping online è un’opportunità e non un lusso, allora saremo pronti a compiere il grande passo.
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