Abbiamo già affrontato in questo articolo il tema dei danni collaterali che l’epidemia di Coronavirus, meglio noto come COVID19 ha già causato nel settore tecnologico.
Oggi però proveremo a cambiare il punto di vista, anche alla luce delle ultime stime sulla diffusione del virus in Italia, per tentare di ricavare qualcosa di positivo anche da questa situazione oggettivamente molto difficile. Tuttavia, ma è bene ricordarlo, finché non viene trovato un vaccino e/o una cura realmente efficace, di positivo per il nostro Paese c’è al momento davvero ben poco.
La riscoperta dello “Smart Working” ai tempi del Coronavirus
L’idea stessa di lavoro in questi ultimi decenni è radicalmente cambiata, ma questo lo sanno anche i sassi. Basta vedere qualche film o serie TV del secolo scorso per rendersi conto di come dal modello per così dire “fantozziano” del dipendente subordinato si sia passato pian piano ad un concetto di lavoro più agile e snello, spesso legato alla libera professione o comunque all’attività autonoma, nel quale ognuno è di fatto “il capo” di sé stesso, legato però ai desideri dei vari committenti. Un lavoro diverso, forse per certi versi più divertente ma di sicuro meno tutelato, senza ferie pagate, senza “malattia”, spesso senza congedo parentale o altre conquiste sindacali che ormai fanno quasi sorridere (di nostalgia, è chiaro).
Lavorare diventa dunque un’attività sempre più slegata dalle strutture tradizionali, non serve cioè una “megaditta” o un super ufficio per svolgere compiti specifici, basta la propria postazione di lavoro, a volte ospitata in spazi di “coworking“, ma spesso anche dal tavolino di casa propria o persino in viaggio. Insomma, il lavoro può essere svolto in maniera intelligente, “smart”, senza vincoli particolari se non quelli delle scadenze temporali indicate in fase di contratto.
Anche le riunioni oggi seguono questo “trend” e grazie alle videoconferenze multiple, possibili grazie alla velocità delle moderne linee dati, diventa possibile confrontarsi facilmente senza la necessità di spostarsi da casa o da qualunque altro luogo.
Lo “Smart Working” nei servizi: la necessità di “remotizzare” l’azienda
Nel ricordare che lo “smart working” ha avuto un riconoscimento ufficiale in Italia con la Legge 81 del 2017 e che con la circolare del 4 marzo 2020 è obbligatorio nelle Pubbliche Amministrazioni come conseguenza delle misure scritte nel primo decreto Coronavirus, il Dl 9/2020, c’è da chiedersi se tutte le aziende sono pronte o comunque possono farsi trovare pronte in poco tempo alla necessità/opportunità di approfittare dello “smart working”.
In certi casi, soprattutto nei settori legati alla creatività, alla progettazione o comunque alla produzione di contenuti, in effetti basta a vere a disposizione un PC, una buona linea internet e al massimo un sistema di cartelle condivise in cloud per lavorare con più comodità; in altre situazioni però, pensiamo ad aziende che offrono servizi più specifici con accesso a dati riservati e conservati su specifici server, agli uffici legali, contabili e amministrativi, insomma a realtà nelle quali per svariati motivi è impossibile accedere con leggerezza ai dati, è bene affidarsi a sistemi di “remotizzazione” del lavoro rapidi, sicuri ed efficienti, in grado di agevolare il lavoro smart senza compromettere l’affidabilità dei sistemi.
Vogliamo chiudere questa breve disamina sullo “smart working” ribadendo, nonostante tutto, l’importanza del contatto di lavoro “fisico” e il piacere di lavorare in team quando se ne condividono metodologie e obiettivi; quando però le circostanze lo richiedono, è bene non drammatizzare e provare a fare il necessario salto verso uno “smart working” efficiente e sicuro.
Per ulteriori informazioni sullo “smart working” e sulle possibilità di rendere intelligente il lavoro nella tua azienda, non esitare a contattare gli esperti di Globalsystem!